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Sul diritto di revoca

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Messaggio  Pietro Didì Mer Set 30, 2009 10:17 pm

Votare non significa Democrazia
La DR ha usato i termini «partecipare» e «votare» come sinonimi e ci ha fatto credere che, nell’atto del voto, in realtà stiamo partecipando attivamente e responsabilmente al processo politico. Questo è bastato per indurre molte associazioni di cittadini ad impegnarsi in una lotta secolare, che è approdata al riconoscimento del suffragio universale, il che è stato salutato come il segno tangibile di una democrazia pienamente realizzata e come una ragione sufficiente per porre fine alle lotte. La conseguenza è che oggi “La maggior parte dei cittadini in tutti i sistemi politici compie essenzialmente un solo atto di partecipazione politica: vota, e nulla più” (PASQUINO 2007a: 11).
La cosa sorprendente è che tutto questo ci sembra normale, mentre, ad un’osservazione più attenta, certamente normale non è. Se guardiamo, infatti, oltre il velo della demagogia, non dovremmo fare alcuna fatica a scorgere che «votare» non è necessariamente la stessa cosa che «partecipare attivamente e responsabilmente», e poiché la partecipazione attiva e responsabile dei cittadini è un requisito essenziale della democrazia, ne consegue che il voto da solo non fa democrazia o, detto in altri termini, la democrazia non può essere ridotta al diritto di voto o al voto stesso. Mi spiego meglio.
È possibile distinguere due tipi di voto profondamente diversi fra loro: un voto di delega in bianco e un voto di responsabilità o deliberativo.

Il voto di delega
Quando il signor Rossi appone il segno di una croce sul simbolo di un partito stampato su una scheda, egli sta semplicemente trasferendo la sua sovranità a qualcun altro che lo dovrà rappresentare, che oggi è designato dal partito stesso, ma che potrebbe essere designato dallo stesso interessato, senza con ciò cambiare radicalmente la natura della rappresentanza. Nel caso specifico, il voto è dunque una classica operazione di abdicazione ai propri diritti, in virtù della quale il cittadino Rossi cede la sua libertà responsabile ad un rappresentante (chiunque egli sia e da chiunque sia stato designato) e rinuncia a partecipare attivamente nelle decisioni in merito a questioni di interesse generale. Questo tipo di voto è da ritenere antidemocratico perché nega un fattore essenziale della democrazia, che è quello della partecipazione diretta del cittadino, sia pur nel rispetto del principio della sussidiarietà.

Il voto deliberativo
Il secondo tipo di voto è quello che lo stesso signor Rossi è chiamato ad esprimere all’interno della propria comunità locale tutte le volte che si dovrà deliberare sulle questioni all’ordine del giorno, come la costruzione di un asilo nido o di una casa per anziani o il rifacimento della segnaletica stradale o l’assegnazione di un incarico. In questo caso il cittadino Rossi sta esercitando il suo diritto alla partecipazione e dunque il suo voto è un atto pienamente democratico.

Voto segreto e palese
A seconda della modalità in cui viene espresso, il voto si può anche distinguere in «segreto» e «palese». Entrambi hanno pro e contro. Il primo ha il vantaggio di preservare l’elettore dal rischio di eventuali condizionamenti esterni, ma non può essere revocato; il secondo ha il vantaggio di mettere l’elettore di fronte alle proprie responsabilità, ma al tempo stesso lo espone al rischio di essere influenzato da terzi e, per di più, si presta a operazioni di compravendita.
A causa di queste differenze, i due tipi di voto trovano applicazioni diverse. La segretezza è preferibile nel voto di abdicazione, almeno sotto il profilo della democraticità, perché lascia il cittadino apparentemente libero di scegliere, senza condizionamenti di terzi, anche se si tratta di una pseudo libertà, dal momento che è limitata dalle opzioni previste dai partiti. Il palesamento del voto invece è più indicato nei processi deliberativi, dove ciascun cittadino è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità e sarebbe illogico che lo faccia in modo segreto.

Il diritto di revoca
Rimane da chiarire la questione del cosiddetto diritto di revoca, il quale presenta un aspetto ideologico e uno procedurale. Secondo Bobbio, “un sistema democratico caratterizzato da rappresentanti revocabili è, in quanto prevede rappresentanti, una forma di democrazia rappresentativa, ma in quanto questi rappresentanti sono revocabili si avvicina alla democrazia diretta” (1991: 47). Va notato il fatto che Bobbio non dice che il diritto di revoca trasforma una DR in una DD, dice semplicemente che avvicina la DR alla DD, senza modificare la natura della DR stessa. E, infatti, il diritto di revoca non cambia la natura del voto, che rimane un voto di abdicazione dei propri diritti e, come tale, non ha nulla a che vedere con la DD. Insomma, sotto il profilo dei contenuti, una DR che dovesse riconoscere il diritto di revoca, rimarrebbe pur sempre una DR.
Per quel che attiene l’aspetto procedurale, va detto che solo il cittadino che abbia votato in modo palese può revocare in modo personale il proprio voto, mentre, per chi abbia votato in modo segreto, l’unica procedura di revoca possibile è quella di ritornare al voto collettivo. Per quanto ne so, di norma, si procede in due fasi: prima si raccolgono le firme dei cittadini che intendono revocare il mandato ad un rappresentante, poi, se si raggiunge il quorum prefissato, si passa alla consultazione di massa. Si tratta dunque di:
  • una procedura non semplice, come si vorrebbe far credere,
    e dall'esito niente affatto scontato.

Insomma, io posso volere revocare il mio voto, ma non è detto che ci riesca.

Pietro Didì

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Messaggio  Augenio Gio Ott 01, 2009 3:30 pm

Mi sono posto il problema del voto nella democrazia diretta e sono giunto ad alcune considerazioni:

Esiste la necessità di avere un certo numero di persone delegate a prendere decisioni in caso d'urgenza
Per altre decisioni c'è tutto il tempo per consentire a tutti i cittadini di informarsi per esprimere un proprio voto.
D'altronde non tutti i cittadini desiderano votare su tutte le questioni.
Ritengo sia corretto individuare (mediante voto di delega revocabile in qualsiasi momento) una struttura decisionale piramidale che possa prendere decisioni in caso d'urgenza.
In condizioni normali i cittadini si dovrebbero riunire in piccoli gruppi per discutere dei problemi e scegliersi un portavoce... questi portavoce sarebbero delegati ad approfondire i temi trattati e a tenere informate le persone che rappresentano... alla fine delle riunioni si avrebbe la struttura decisionale.

Tale procedura rende quasi indispensabile il voto palese, manulla vieta che per alcuni argomenti si adotti il voto palese e per altri il voto segreto...

Votare non significa Democrazia
Pienamente in accordo

Il voto di delega
Ritengo che al cittadino debba essere data la facoltà di trasferire la propria sovranità e di riprendersela in qualsiasi momento


Il voto deliberativo
Sono d'accordo che il voo in questo caso sia maggiormente democratico

Voto segreto e palese
Penso che votando prima in modo segreto se un voto debba essere palese o segreto ci si avvicini al massimo grado di democrazia


Il diritto di revoca
io sarei per un diritto di voto su qualsiasi questione in qualsiasi momento e delega assegnata.
Nel caso non possa o voglia, il mio delegato voterà per me;
nel caso una sua votazione non mi rappresenti voterò direttamente cambiando il suo voto;
nel caso perda la fiducia verso di lui cambierò il mio voto di delega;
nel caso abbia votato e cambi idea... cambierò il mio voto.

Augenio
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